mercoledì 17 aprile 2013

TROVARE LAVORO E STUDIARE GRAZIE AL WEB


Avevamo già parlato della recente ricerca condotta dalla ‘School of Management’ del Politecnico di Milano, da cui è emerso che su un campione di ben 108 direttori risorse umane delle principali aziende italiane a cui è stata sottoposta l’indagine, il 58% utilizza siti esterni come canale di reclutamento e pubblicazione annunci. Oltre a ridurre complessivamente i tempi di contatto e risposta tra domanda e offerta, l’uso dei social network esterni costituisce un valore aggiunto rilevante, non soltanto dal punto di vista dell’azienda ma anche per le modalità di presentazione di cui si possono avvalere i candidati, dando maggiore visibilità al proprio profilo.
Un’indagine americana condotta da Bullhorn Inc. di Boston ha dimostrato che nel 2011 l’uso dei social networks quale strumento di recruiting sia diventato sempre più importante. I tre social analizzati Linkedin, Twitter, Facebook rappresentano la massa d’urto che i recruiters vanno a scandagliare per reperire i potenziali candidati ma non solo attraverso l’analisi e studio delle esperienze professionali (LInkedin) ma anche attraverso lo studio di quanto pubblicato su Facebook o su Twitter ed utilizzato in ambito di marketing e non solo.
Si può arrivare all’assurdo che un candidato con tutti i requisiti professionali richiesti da una azienda, ad es. inglese, possa venire scartato perché ha pubblicato un post su Facebook dove esprime un giudizio politico poco neutrale.
Gli Head Hunter (cacciatori di teste) e i Responsabili Risorse Umane nel momento in cui pensano di aver trovato la persona giusta per le loro esigenze aziendali (o anche preventivamente) iniziano un’opera in stile KGB: vale a dire spulciano i post pubblicati dal candidato, guardano le foto e valutano le opinioni politiche, religiose, eccetera, in modo da farsi un’idea più ampia (che poi il più delle volte è preconcetta) sul carattere del candidato.
Per questo motivo bastano poche precauzioni per evitare queste operazioni di “spionaggio” :
1. evitare di cliccare “Mi Piace” sul link dell’azienda dove si va a fare il colloquio (o dove si verrà assunti);
2. cancellare i post che si possono ritenere lesivi della propria immagine oppure quelli dove si parla male del precedente datore di lavoro;
3. restringere le maglie della privacy (ad esempio su Facebook) in modo che la bacheca possa essere consultata solo dai Vostri amici se pensate che vi siano considerazioni compromettenti per il vostro futuro lavorativo;
4. dare un’unica versione di se stessi se si utilizzano più Social (Facebook, Twitter, Linkedin, ecc.) in modo da facilitare l’interpretazione del proprio profilo agli addetti ai lavori, evitando di commentare in maniera differente lo stesso evento sui diversi Social.

CORSI DI FORMAZIONE ON LINE

La domanda che in questi ultimi anni attanaglia i ricercatori, gli studiosi e gli esperti della formazione è la seguente: ma siamo proprio sicuri che frequentare un corso di persona e tramite la mediazione di un computer sia lo stesso? E se non lo è, i vantaggi superano i fattori negativi?

I CONTRO
Il primo dubbio riguarda la possibilità di evitare che gli studenti, al riparo dietro ai loro monitor, possano imbrogliare.
Un problema di cui molti sono bene al corrente e al quale stanno tentando di porre immediatemente rimedio.
Questo pone immediatamente un altro problema circa la privaci dello studente: se guardiamo lo studente; guardiamo i loro monitor, guardiamo i loro computer, guardiamo il movimento dei loro occhi, viene spontaneo chiedersi se misure tanto invasive siano rispettose della privacy degli studenti, e che sarà dei loro dati una volta concluso il corso, o anche solo spento il computer.

A parte le questioni tecniche, entrano in gioco poi fattori prettamente pedagogici.
Tra gli scettici, infatti, ci si chiede che cosa comporti la mancanza di lavori di gruppo, di contatto fisico e rapporti umani: «Lo schermo di un computer non sarà mai più che un’ombra di una buona classe all’università», secondo Carr.

C’è anche chi sottolinea che l’equiparazione dei MOOCs a corsi veri e propri renderà impossibile per gli insegnanti imparare dagli studenti: perché l’insegnamento, argomenta, «è questione di dialogo».

I PRO

Prima di tutto i corsi a distanza non mirano a sostituire interamente i corsi da frequentare con la propria presenza fisica, ma a fornirne un complemento.

Poi c’è la questione monetaria: se è vero, come sostiene Koller, che «i costi crescenti dell’educazione superiore hanno avuto un impatto devastante sugli studenti», l’e-learning rappresenta una soluzione potenzialmente efficace, essendo o gratuiti o più economici.
I corsi a distanza permettono una fruizione senza costrizioni di luogo e tempo, e questo sicuramente avvantaggia lo studente che puo’ seguire quando ne ha voglia, questo permette un’apprendimento volontario e quindi migliore.
Una sorta di democratizzazione dell’istruzione, accessibile e disponibile per tutti gli studenti.

Più in generale, è aprendo la riflessione al contesto socio-economico prodotto anche dal digitale che attenti osservatori della realtà contemporanea individuano una tendenza favorevole alla sempre maggiore integrazione dei corsi di massa su Internet nel sistema dell’istruzione avanzata.

Nessun commento:

Posta un commento