mercoledì 7 agosto 2013

C'E' UN ITALIA CHE FUNZIONA..ANCHE ALL'ESTERO

Il parziale è di due a uno. Per ogni due miliardi in acquisizioni fatte da aziende straniere in Italia, un miliardo viene investito dalle nostre per espandersi oltreconfine. Un risultato forse meno pesante di quanto si potesse immaginare, ma che non lascia spazio a rassicurazioni. Si tratta di operazioni in buona parte medio-piccole, fatte da imprese già presenti sui mercati esteri. Questo ha consentito loro di continuare vendere anche quando il mercato italiano ha cominciato ad arrancare. E a impostare strategie di crescita, comprando marchi e stabilimenti altrove.
 Dal 2009 ad oggi le aziende italiane hanno concluso 241 operazioni per un controvalore pari a 23,1 miliardi. Nello stesso periodo, società straniere hanno acquistato 363 aziende italiane per 47 miliardi.
Big come Eni ad esempio,  negli ultimi cinque anni hanno portato a termine 10 acquisizioni, dal Regno Unito al Canada, per un totale di oltre otto miliardi. Ma anche Campari, molto attiva in America, che ne ha concluse nove per 936 milioni. Luxottica e Recordati sette, investendo 276 milioni e 358 milioni. E ancora Amplifon, Gitech, Autogrill. Aziende grandi, con una struttura finanziaria forte e un mercato di riferimento prevalentemente internazionale. Il 57 per cento delle operazioni è stata fatta in Europa occidentale. Il 23 in Nord America e l’11 in Europa orientale.
Curiosità: nella top 30 delle acquisizioni, solo una è stata fatta in Francia da un’azienda italiana. Si tratta peraltro del ramo italiano della Lafarge, azienda di costruzioni, comprata dalla Sacci. «La maggior parte di queste operazioni però sono fatte da multinazionali tascabili», dice Giuseppe Latorre, partner Kpmg. «Nel tempo l’andamento è mutato. Se prima avevamo tre grandi filoni, quello energetico, il finanziario e il manifatturiero che facevano grosse operazioni, oggi si tratta di operazioni più piccole fatte in larga parte da imprese di medie dimensioni. Quelle che meno soffrono la crisi del mercato domestico. Ma la partita è impari e la forza delle multinazionali straniere è nettamente superiore».
I dati raccontano che la strada del mercato globale per le imprese italiane si è fatta in salita. Se si vuole tentare la scalata è necessario un cambio di paradigma. Una visione meno localistica e una gestione aziendale più audace. Almeno così secondo gli esperti. Qualche esempio c’è. Ma ancora insufficienti a ribaltare il parziale.

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